Gita atipica, che comincia in discesa e si conclude in salita, con modesto dislivello ma bellissimi pendii e, oggi, anche bellissima neve. La meta iniziale doveva essere il Pizzo Antigine, ma la scarsita di neve su tutto il versante ci ha indotti a cambiare itinerario.
Saliti al Passo del Moro con la funivia, abbiamo inizialmente suguito la traccia battuta dal gatto, che sale a sinistra della statua della Madonna. Un’occhiata al versante svizzero ci basta per constatare che, data la scarsa neve, è preferibile salire verso lo skilift del San Pietro e valicare il passo alle pendici dello Joderhorn. Da qui ci si immette nel bellissimo vallone del ghiacciaio di Talliboden, inizialmente con pendenze sostenute e poi più dolci. Abbiamo percorso il vallone fino a quota 2300 m circa dove, visto il progressivo peggioramento delle condizioni della neve con il diminuire della quota. ci siamo fermati
Risalita: per lo stesso itinerario
Tempo di salita: 2 ore. Dislivello: 750 m circa Sviluppo: 9 km circa Difficoltà: MS – F+
Condizioni: neve sufficiente nel vallone, ma i versanti rocciosi sono tristemente spelati. Venti centimetri di bella polvere all’inizio della discesa, che lascia il posto a crosta portante man mano che si scende.
Il Pizzetto è una cima che siamo più abituati a frequentare in inverno, quando la situazione dell’innevamento non consente mete più ambiziose. L’itinerario estivo è una bella sorpresa, completata da un giro ad anello che ci ha portati a percorrere la bella valle Olocchia.
Partiamo da Soi di Dentro (993 m) e risaliamo i ripidi prati e poi l’altrettanto ripido bosco che porta a Pianezzo (1201 m). Il sentiero prosegue sempre sostenuto nella faggeta, aggira il rilievo quotato 1584 m e si ricongiunge all’itinerario scialpinistico. Da qui, passando da Villa Simonini, abbiamo seguito quasi integralmente l’ampia dorsale fino alla vetta (1879 m)
Discesa: proseguendo in cresta siamo arrivati ad una bella conca, per proseguire poi nella stessa direzione. Il sentiero taglia il ripido pendio e arriva all’alpe Curtet (1651 m). Con una svolta di 180° seguiamo il sentiero che percorre il fondo della valle Olocchia fino all’alpe Cangelli (1384 m). Per evitare di scendere direttamente alla strada, affrontiamo una breve risalita e un lungo traverso che ci portano all’alpe Bargiga (1342 m) e a Pianezzo, dove troviamo il ripido sentiero che ci riporta all’alpe Soi. Bella gita.
Tempo di salita: 2,10 ore circa; 5,30 ore per la gita Dislivello: 1100 m circa Sviluppo: 11 km circa Difficoltà: EE
Condizioni: itinerario evidente ben segnalato fino all’alpe Pregima. da qui si segue la dorsale, senza percorso obbligato. Dalla vetta si ritrovano buoni sentieri, a volte un po’ insidiosi per via del nardo.
Quello di Mondelli è un passo che si apre a quota 2830 m lungo la cresta di confine che unisce il Pizzo di Antigine allo Joderhorn. E’ un itinerario a torto poco frequentato, in ambiente incantevole, severo e poco antropizzato, che riporta alla memoria le fatiche degli spalloni che, fino agli anni 70 del secolo scorso, utilizzavano questo valico per i loro traffici. Una piccola cappella eretta nel 1985, ne ricorda le avventurose imprese. La possibilità di traversata al passo del Moro e la discesa in funivia evitano di ripercorrere l’itinerio di salita.
Lasciata l’auto nel parcheggio all’ingresso del paese (1181 m), si attraversa il piccolo borgo passando d’innanzi alla bella casa degli specchi e si prende la mulattiera costeggiata da muretti in sasso, in direzione NNO. La mulattiera lascia presto il posto ad un sentiero che sale ripido nel bosco e conduce alle baite dell’alpe Cortevecchio (1476 m). Il sentiero, pulito di recente, porta ad attraversare il torrente (alcune corde fisse aiutano a superare un tratto che, se bagnato, può essere un po’ insidioso) e risale sfruttando un sistema di cenge che consentono di superare la barra rocciosa. Ormai fuori dal bosco, il sentiero ben segnalato con recenti segni di vernice raggiunge l’alpe Predenon (1831 m) e risale con pendenza costante tra distese di rododendri. Il passo è visibile dritto davanti a noi, ma ancora lontano. A quota 2300 di incontra una bellissima radura, attraversata dal torrente che forma pittoresche cascatelle. I segni di vernice aiutano a districarsi nella pietraia. Ci e si sposta ora sulla sinistra (destra orografica), per superare delle placche rocciose. Attraversato un piccolo nevaio la traccia risale ora molto ripida gli sfasciumi e, con stretti tornanti, porta al passo (2830 m).
Discesa: dal cippo di confine ci si abbassa sul versante svizzero e si seguono i segni rossi che guidano tra i grossi blocchi in direzione SO. Le placche di neve dura o ghiaccio possono essere facilmente aggirate abbassandosi leggermente, per risalire poi sulla traccia originaria. Paletti, ometti e segni di vernice aiutano a districarsi tra placche rocciose e grossi massi, anche se la statua della Madonna ben visibile lascia pochi dubbi sulla direzione. Raggiunta la spalla dello Joderhorn si può scendere verso lo skilift del San Pietro o, come abbiamo fatto noi, proseguire verso la statua. Da qui una serie di gradini aiuta a superare le placche rocciose e, passando accanto al laghetto, si arriva alla stazione della funivia. Gitona!
Tempo di salita: 4,15 ore; 1,15 per arrivare alla funivia Dislivello: 1750 m circa con le risalite Sviluppo: 8,8 km circa Difficoltà: EE
Condizioni: percorso ben segnalato fino al passo, poi qualche segno di vernice e qualche paletto di segnalazione. Pochissima neve. I tratti ghiacciati si aggirano facilmente.
Bellissima gita su un itinerario storico, che collegava i paesi valser della valle Anzasca con quelli della valle di Saas.
Si parte da Macugnaga (1350 m), dal piazzale della funivia. Passando accanto alla bella chesa e al tiglio secolare, si raggiunge la bella mulattiera lastricata, che porta all’alpe Bill (1700 m). Proseguendo, si vedono i danni provocati dalle recenti piogge, che tuttavia non hanno reso impraticabili i sentieri. Raggiunta la partenza della seggiovia del Ruppenstein (2348 m) incontriamo la neve, che si fa via via più alta e nasconde il sentiero medievale. Raggiungiamo il rifugio Oberto Maroli (2810 m), ci dobbiamo accontentare di una breve sosta nel locale invernale, prima di riprendere la salita in direzione della statua della Madonna, che sovrasta il passo. Gli ultimi metri di salita sono facilitati da gradini metallici che aiutano a superare la placca rocciosa
Discesa: per lo stesso itinerario
Condizioni: sentiero bello e sempre evidente. Qualche tratto rovinato dalle recenti piogge, ma comunque ben percorribile.
Tempo di salita: 4,45 ore comprese le soste Dislivello: 1500 m circa Sviluppo: 13,5 km circa Difficoltà: EE
Dopo anni di abbandono, la sezione del CAI di Macugnaga, che ne ha rilevato la proprietà, ha dato avvio ai lavori di sistemazione di questo storico rifugio. Ottima scusa per andarlo a vedere.
Si parte da Pecetto (1358 m), e si percorre per un tratto la pista del Burki. Appena prima della stazione intermedia della seggiovia, si prende il sentiero che sale a destra e porta all’Alpe Roffelstaffel. Il sentiero è ripido e con tratti tagliati nella roccia. Giunti al bivio per l’alpe Jazzi, si continua a destra, per ripidi prati, su sentiero che a volte si perde un po?. La direzione è comunque evidente, e i numerosi ometti non lasciano dubbi sul percorso. Arrivati al nevaio, lo si attraversa quasi in piano, e si raggiunge la placconata sul lato opposto. Risalitala, in pochi ninuti di facile sentiero si arriva al rifugio.
Discesa: per lo stesso itinerario
Condizioni: sentiero non sempre evidente, ma numerosi ometti indicano la via. Neve portante ma non dura. Utili i ramponi
Tempo di salita: 4,45 ore comprese le soste Dislivello: 1700 m circa Sviluppo: 13,5 km circa Difficoltà: EE
Da diversi anni non venivamo in questa zona e ci eravamo scordati della bellezza dei suoi paesaggi e della dolcezza dei pascoli. Gita bellissima, che merita di essere maggiormente frequentata. D’obbligo una visita ai ruderi di villa Lancia.
Si parte da Piè di Baranca (1195 m), alla fine della strada asfaltata. Attraversato su un bel ponte il torrente Olocchia, inizia il sentiero che si inerpica ripido nel bosco. Si passa nei pressi dell’alpe Oreto (1724 m) e si prosegue fino al Colle Baranca (1824 m) dove si trovano le baite e le case dell’alpe Selle. Poco lontano ci sono i resti di Villa Lancia, affacciati sul limaccioso lago di Baranca. Si devia a NO e, con un ampio giro in senso antiorario sotto alla cima dei Turni si prosegue la salita in direzione SO fino al colle d’Egua (2239 m), dove è stato sistemato un bel bivacco. Proseguendo sulla dorsale alle spalle del bivacco siamo arrivati ad una cima quotata 2331 m.
Discesa: per lo stesso itinerario
Condizioni: sentiero pulito e ben segnalato.
Tempo di salita: 3 ore comprese le soste Dislivello: 1100 m circa Sviluppo: 11 km circa Difficoltà: E
Il passo del Turlo è una antica via di comunicazione tra le comunità Walser di Macugnaga e di Alagna. Il secolare sentiero lastricato è stato ritracciato e ampliato negli anni 20 dagli alpini del battaglione Intra, che hanno costruito una magnifica mulattiera.
Siamo partiti da Fornalei (1190 m), poco prima di Macugnaga, e abbiamo preso il sentiero gradinato che porta allo sbarramento del lago delle Fate. Da qui, una strada sterrata si inoltra, in falsopiano, nella Val Quarazza, costeggiando il torrente. Dopo poco si raggiunge la Città Morta, con i venefici ricordi della miniera. Attraversato il torrente su un ponte di legno, si prosegue in leggera salita fino a quota 1500 circa, per salire a sinistra il sentiero, che porta all’alpe La Piana (1613 m) e poi, su bella mulattiera, all’alpe Schena (2037 m). Un lungo traverso in falsopiano conduce al nuovissimo Bivacco Lanti (2150 m), dotato anche di prese USB per la ricarica dei cellulari. La mulattiera, ancora ben conservata, prosegue con pendenza costante e una serie di tornanti in un ambiente d’alta montagna, caratterizzato da pietraie e residui nevai, fino al passo (2738 m).
Tempo di salita: 4,15 ore, comprese le soste. Dislivello: 1600 m circa Sviluppo: 23,5 km circa, andata e ritorno Difficoltà: E
Condizioni: bella gita, molto frequentata e su ottimi sentieri. Merita anche solo per vedere la bellissima mulattiera. Da quota 2400 m circa si incontrano ancora dei nevai, che invadono a tratti la strada, ma la neve non è gelata e non crea problemi. Prestare attenzione ai possibili buchi.
Seconda uscita per il 39° corso di scialpinismo del CAI di Villadossola. Buone condizioni generali e bollettino favorevole ci consentono di programmare e portare a termine una bellissima gita, al cospetto dell’imponente parete E del monte Rosa. Saliti con la seggiovia fino al Burki (1581 m) ci siamo diretti a N e abbiamo risalito il bosco di larici, per raggiungere le morene del Ghiacciaio del Belvedere. Un tratto con modesta pendenza ci ha portati all’alpe Fillar (1974 m), dove si lascia la morena e ci si dirige verso l’evidente canale Tyndall, che sale via via più ripido (max 35°) al ghiacciaio del Piccolo Fillar. La pendenza è ideale fino alla seraccata che delimita il bordo inferiore del ghiacciaio. Noi ci siamo fermati a quota 2510 m circa, poco sopra al bivacco.
Discesa su neve buona anche se alternata a tratti in cui inizia a formarsi crosta, costata cara a due allievi del corso, che si sono infortunati in modo abbastanza grave da richiedere l’intervento dell’elisoccorso. Fortunatamente la presenza tra gli istruttori di esperti componenti del Soccorso Alpino, ha fatto si che le operazioni di soccorso si svolgessero nel modo più rapido ed efficiente possibile.
Tempo di salita: 3,30 ore.
Dislivello: 900 m circa Sviluppo: 11 km circa andata e ritorno Difficoltà: BS
Condizioni: innevamento molto abbondante. Neve ben assestata. Qualche scarica di neve e ghiaccio, con l’aumento della temperatura, dalle pareti rocciose circostanti. Ancora neve polverosa sui pendii poco esposti al sole; in via di trasformazione altrove.
Bella via, in un ambiente straordinario, in compagnia dell’amico Francesco. Roccia resa un po’ scivolosa dai licheni, ma nel complesso buona. Più impegnativi i primi tre tiri, poi la pendenza diminuisce e l’arrampicata è decisamente più facile. L’ultimo tiro torna ad impegnare su una bella placca, con passaggi di aderenza. La via è attrezzata a spit. Molto alto il primo spit del primo tiro, unica occasione in cui abbiamo usato un friend. Soste comode, alcuni cordini di collegamento un po’ usurati; meglio collegarle con una fettuccia. Discesa a piedi per sentiero, inizialmente ripido sul versante Rosareccio, poi più facile quando torna sul lato Pedriola.
VALLE ANZASCA PASSO DEL PIZZO NERO – TRAVERSATA PECETTO ISELLA
Itinerario inconsueto, ma non per questo meno interessante. Peccato per la scarsa visibilità che ci ha impedito dei ammirare lo splendido panorama. Partiti da Pecetto (1360 m), abbiamo risalito la strada fino all’alpe Burki. Attraversato il torrente Anza, abbiamo preso il sentiero ripido che consente di superare la bastionata rocciosa e porta all’alpe Rosareccio. Sempre su buona traccia e percorso meno ripido, siamo arrivati ai Piani Alti, dove si incontra il cubo di cemento della vecchia funivia, definitivamente abbandonata dal 1975, dopo che una grossa valanga aveva fatto crollare il pilone intermedio. Qui il sentiero lascia il posto ad una esile traccia, anche se l’itinerario è ben marcato con segni di vernice e ometti. Un tratto attrezzato con una cordina metallica, utile soprattutto in caso di vetrato, aiuta a superare la placconata posta poco sotto il passo. Da qui abbiamo risalito la breve cresta che porta alla cima quotata 2750 m. Tornati al passo, siamo scesi dai ripidi prati sul versante della val Quarazza. Costeggiati i laghetti del Ligher, abbiamo continuato la discesa senza sentiero, ma guidati dai frequenti segni di vernice fino all’alpe Caspisana, dove inizia un sentiero più evidente e l’erba è stata tagliata di recente. Raggiunto il fondovalle e ammirate le bellissime marmitte dei giganti, su una strada sterrata siamo tornati al bellissimo paesino Walser di Isella, dove avevamo lasciato un’auto. Bella gita!
Tempo di salita: 3,15 ore comprese le soste. 7 ore per la gita Dislivello: 1400 m circa Sviluppo: 14,5 km Difficoltà: EE Condizioni: oltre la vecchia stazione della funivia e fino all’alpe Caspisana l’itinerario è ben segnato con vernice bianco rossa, ma non c’è sentiero, e si sale e scende su sfasciumi e ripidi pratoni.