Finalmente è arrivata un po’ di neve: non tantissima ma sufficiente a conferire un aspetto invernale a questo bellissimo angolo di val Formazza e consentirci una bella gita, per la quarta uscita del 44° corso di scialpinismo del CAI di Villadossola
Partiamo da Riale (1729 m) e seguiamo la strada che sale con dolci tornanti. Raggiunto il Rifugio Maria Luisa (2160 m), la traccia finisce. Entrati in Valrossa, la percorriamo battendo traccia e seguendo il fondo valle in direzione NNO. La nostra meta è il colle senza nome, a quota 2750 m circa, posto tra la punta Elgio e la punta di Valrossa. Il vallone è molto bello e la pendenza aumenta gradualmente, fino a 30/35° nel tratto finale.
Discesa: per lo stesso itinerario
Tempo di salita: 4 ore circa. Dislivello: 1050 m circa Sviluppo: 19 km circa Difficoltà: MS F+
Condizioni: la neve, che appariva invitante in salita, ha subito una rapida trasformazione a causa del gran caldo, diventando piuttosto pesante. Dal Maria Luisa, anche per la mancanza di fondo, è consigliabile seguire la strada.
Ancora poca neve in giro. In zona la Val Formazza è quasi una scelta obbligata.
Partiamo da Riale (1729 m) e, nonostante la scarsità di neve, riusciamo a tagliare qualche tornante. Raggiunto il Rifugio Maria Luisa (2160 m), la copertura nevosa è un po’ più consistente. Entrati in Valrossa, la percorriamo seguendo il fondo valle in direzione NNO. La nostra meta è il colle senza nome, a quota 2750 m circa, posto tra la punta Elgio e la punta di Valrossa. Il vallone è molto bello e la pendenza aumenta gradualmente, fino a 30/35° nel tratto finale.
Discesa: per lo stesso itinerario, tenendoci sulla sinistra orografica nella parte inferiore della Valrossa, per evitare di spingere troppo nel tratto di piano.
Tempo di salita: 3,45 ore. Dislivello: 1050 m circa Sviluppo: 19 km circa Difficoltà: MS F+
Condizioni: neve in via di trasformazione; tratti di polvere pressata si alternano ad altri di crosta non portante. Facendo attenzione a dove si mettono gli sci si riesce a sciare discretamente. Dal Maria Luisa è consigliabile seguire la strada.
La Bocchetta del Gallo è un passo che mette in comunicazione, attraverso una valle laterale, la val Formazza con la Val Vannino. Ad un primo tratto nel bosco fa seguito un bel vallone, delimitato a N dai Corni di Nefelgiù e a S dalla Cima Freghera, su cui sono state aperte interessanti vie di roccia. Con buone condizioni di innevamento è una gita di grande interesse, che consente numerose varianti e traversate.
Da Sotto Frua (1546 m), si attraversa il fiume su un ponte in corrispondenza del paravalanghe e si risale il bosco a tratti piuttosto fitto in direzione SE. Raggiunto l’alpe Freghera di Mezzo, il vallone si apre, e lo si segue su pendio via via più ripido fino alla Bocchetta del Gallo (2498 m).
Discesa: per l’itinerario di salita.
Tempo di salita: 3 ore circa comprese soste Dislivello: 1000 m circa Sviluppo: 9,5 km circa Difficoltà: F+
Condizioni: nonostante la lieve precipitazione della notte, la neve non è moltissima, Nel bosco la copertura è buona, ma in alto i grandi massi sono spesso nascosti da pochi centimetri di neve
Sempre bella l’alta Val Formazza, sia ci si avventuri sui ghiacciai alle quote più alte, sia che si decida di fare una tranquilla camminata, tra laghi, pascoli d’alta quota o scomode pietraie. Questa volta decidiamo di salire alla Bocchetta di val Maggia; un passo d’alta quota che mette in comunicazione il bacino del Toggia con quello del Basodino.
Partiamo da Riale e saliamo in direzione del Maria Luisa, tagliando i tornanti della strada. Quando la strada spiana, prima di raggiungere il rifugio, prendiamo la deviazione che si stacca a destra, in direzione del lago Castel. Raggiunta la baita dell’alpeggio, abbandoniamo l’ampia traccia e ci dirigiamo verso il vallone che scende dalla bocchetta del Castel. Aggirato il risalto quotato 2321 m, ci dirigiamo a N, senza percorso obbligato, districandoci tra grossi blocchi. Raggiunti i laghi del Boden, ritroviamo il sentiero principale e con una deviazione a E, risaliamo la pietraia fino alla bocchetta (2634 m)
Discesa: tornati ai laghi, ci dirigiamo nuovamente a N, su sentiero ben marcato. Superiamo la rupe del Gesso e proseguiamo fino al passo San Giacomo, dove incontriamo la strada sterrata che, costeggiando il lago del Toggia, ci porta al Maria Luisa. Da quo riprendiamo l’itinerario di salita fino a Riale.
Tempo di salita: 3,15 ore circa; 7 ore per la gita Dislivello: 1000 m circa Sviluppo: 17,5 km circa Difficoltà: EE,
Condizioni: itinerario ben segnalato fino all’alpe Castel. La deviazione che abbiamo effettuato presenta qualche palina e alcuni ometti. Non ci sono comunque problemi di orientamento; è solo necessario ricercare il percorso migliore nella pietraia. Desolante la vista del ghiacciaio del Basodino.
Questa volta decidiamo di rimanere in Italia e la scelta è quasi obbligata: Val Formazza,
Partiamo da Riale (1729 m) e, data la scarsità di neve, per una volta percorriamo la strada, anche se qualche taglio sarebbe possibile. Raggiunto il Rifugio Maria Luisa (2160 m), la copertura nevosa è decisamente più consistente. Entrati in Valrossa, la percorriamo seguendo il fondo valle in direzione NNO. La nostra meta è il colle senza nome, a quota 2750 m circa, posto tra la punta Elgio e la punta di Valrossa. Il vallone è molto bello e la pendenza aumenta gradualmente, fino a 30/35° nel tratto finale.
Discesa: per lo stesso itinerario, tenendoci sulla sinistra orografica nella parte inferiore della Valrossa, per evitare di spingere troppo nel tratto di piano.
Tempo di salita: 4 ore. Dislivello: 1000 m circa Sviluppo: 19 km circa Difficoltà: MS F+
Condizioni: neve ormai primaverile: piuttosto dura in salita, diventata un ottimo firn al momento di scendere. Innevamento sufficiente oltre il rifugio Maria Luisa, anche se il confronto con gli anni passati è sconfortante. Nella parte bassa è consigliabile seguire la strada.
Abbiamo frequentato parecchio, negli anni, la val Formazza, ma al Corno Brunni, per un motivo o per l’altro, non eravamo mai saliti. Abbiamo approfittato di una bella giornata di inizio settembre per colmare questa lacuna.
Dopo aver lasciato l’auto nei pressi della Pernice Bianca (il parcheggio a Riale è tutto a pagamento, ma il cambia monete non funziona e non accetta carte o bancomat) sono tornato a Riale costeggiando il Toce e ho preso il sentiero e, tagliando i tornanti della strada, sono arrivato al Rifugio Maria Luisa. Da qui ho preso il sentiero che si inoltra nella Valrossa e l’ho seguito fino al bivio, segnalato da un cartello, che si snoda in direzione O. Il sentiero non è sempre evidente, ma è ben segnalato da numerose paline. Con percorso in leggera salita si percorre la testata del vallone delle Marmotte e si aggira la spalla meridionale del corno Brunni, quotata 2725 m, per salire poi al Lago Brunni (2661 m). Costeggiando il lago sulla destra, si sale per tracce di sentiero su detrito fine ad un colle. Qui il sentiero volge a E e risale il ripido pendio, sempre su terreno instabile, fino ad una sella. Deviando a N, in pochi minuti si arriva alla frastagliata vetta. (2862 m)
Discesa: tornato al colle sopra al lago, ho preso l’esile traccia che attraversa il franoso versante NO del corno, in direzione del Passo Brunni, tra il corno Brunni e il corno Gries. La traccia è molto esile e il terreno infido, da percorrere con grande attenzione. A qualche decina di metri dal passo, la traccia svanisce contro una serie di rocce marce e sono costretto a scendere un po’ avventurosamente alla base del pendio, per salire poi faticosamente al passo. Anche la discesa sul versante Valrossa non è molto agevole, per pendenza e terreno friabile, ma con qualche attenzione si raggiunge il fondo del vallone, dove si ritrova il sentiero che, percorrendo la magnifica Valrossa, riporta al Maria Luisa. Da qui, ripercorrendo l’itinerario di salita, sono tornato alla macchina. Gita molto bella
Tempo salita: 3,45 ore, comprese le soste. Dislivello: 1150 m circa, comprese le risalite Sviluppo: 16,5 km circa Difficoltà: EE
Condizioni: buoni sentieri, ben segnalati fino al bivio per il lago Brunni; poi paline e ometti fino al lago. Dal lago in su solo tracce di passaggio, ma il percorso è evidente. L’itinerario di rientro dalla Valrossa, per il pendio attraversato e l’instabilità del terreno, non è consigliabile.
Da tanto tempo avevamo in mente questa fantastica gita, poi, per un motivo o per l’altro, non eravamo mai riusciti ad organizzarla. Finalmente abbiamo trovato il tempo e le condizioni perfette per farla, con grandissimo divertimento e in sicurezza. GITONA
Da Devero (1631 m) abbiamo attraversato la piana ancora innevata e ci siamo diretti a Cantone. Da qui la neve si fa discontinua, e si mettono e tolgono gli sci diverse volte, fino alla presa d’acqua. Rimessi gli sci, abbiamo risalito il ripido tratto che porta ai piani della Rossa (2051 m). Deviando a O, abbiamo percorso le bellissime morene del ghiacciao della Rossa, in direzione degli evidenti canali che solcano la parete E del Cervandone. Sci ai piedi abbiamo risalito il conoide nevoso. Quando questo diventa troppo ripido per proseguire, abbiamo tolto gli sci e, piccozza e ramponi, abbiamo iniziato la risalita del canale sinistro (Ferrari). Usciti dal canale a quota 3010 m circa, abbiamo lasciato gli sci per percorrere il bel pendio e la breve crestina finale fino alla vetta del Cervandone (3210 m).
Discesa: tornati agli sci, ci siamo diretti a N, attraversando quasi in piano il ripido versante, ad aggirare lo sperone roccioso quotato 3111 m. Tolti nuovamente gli sci, abbiamo percorso il ripido scivolo che porta in cresta. Di nuovo cambio di assetto e siamo scesi nel magnifico vallone sul versante svizzero della punta Marani, passando sotto alla punta Gerla. Ultima risalita, fortunatamente breve, e siamo al colle Marani. Da qui inizia la lunga discesa, su pendii bellissimi e con neve ancora inaspettatamente ottima, che ci riporta sull’itinerario di salita a quota 2250 m circa.
Tempo di salita: 7 ore, con molta calma, comprese le soste Dislivello: 1720 m circa Sviluppo: 17,5 km circa Difficoltà: D+
Condizioni: sulla piana di Devero c’è ancora neve, ma scarseggia sul tratto da Cantone alla presa d’acqua. Da qui il manto è continuo. Il canale Ferrari è in ottime condizioni, anche se abbiamo trovato lunghi tratti con 40 cm di neve non assestata, dove tracciare ci ha fatto faticare parecchio. Il pendio che porta a pochi metri dalla vetta è facilmente percorribile anche sci ai piedi. in discesa neve trasformata ma ottimanente sciabile fino in fondo.
Gitona, in una zona della val Formazza poco frequentata, soprattutto in inverno. I bellissimi pendii della parte superiore della gita ripagano ampiamente del disagio del tratto di bosco, fitto e non sciabile.
Da Fondovalle (1219 m), ci si dirige a S, attraversando la pista di fondo, e ci si inoltra nella valletta del Torrente Ribo. Raggiunto l’alpe Stavello, si prosegue sulla destra orografica, nel bosco ora più rado. Arrivati a quota 1800 m circa, si lascia l’ampia valle principale, per entrare in una stretta valletta in direzione E. Dopo un centinaio di metri di dislivello la valle si apre e l’itinerario punta al ripido canale che porta al lago superiore. Questo tratto è abbastanza ripido e parzialmente invaso da una valanga, che ci obbliga a togliere gli sci e risalire sul bordo del canale. Rimanendo a sinistra del lago, si affronta un altro pendio molto ripido e si arriva in vista della bocchetta, che si raggiunge per un facile traverso. Dalla bocchetta, in mezzora circa, si può raggiungere la vetta del Pizzo Stella (2688 m), sci ai piedi, sul versante svizzero.
Discesa: per lo stesso itinerario, con possibilità di divagazioni sui bei pendii sotto al lago. Il bosco è fitto, ripido e accidentato, quindi non consente di sciare ma solo di scendere.
Tempo di salita: 4 ore, comprese le soste Dislivello: 1200 m circa Sviluppo: 10,5 km circa andata e ritorno Difficoltà: D-
Condizioni: neve abbondante fin dalla partenza. Il canale sotto al lago è parzialmente ostruito da una valanga a blocchi. Siamo saliti a piedi, senza ramponi, sulla sinistra orografica. Il pendio ripido sopra al lago presenta neve dura. Utili i rampant. Nella parte superiore la neve è piuttosto varia. Primaverile con un po’ di firn in alto, ancora qualche tratto con buona polvere sui pendii rimasti in ombra, straterelli di granita su fondo portante prima di entrare nel bosco.
Una grande gita, lunga e con dislivello notevole, spesso senza sentiero, su giavine, facili roccette e ripidi pendii. Di straordinario fascino il dosso “lunare” su cui si stagliano le guglie bianche del Lebendun.
Lasciata l’auto ai piedi della diga di Morasco, abbiamo preso in sentiero che taglia i tornanti e porta al muraglione della diga. Percorsa la sinistra orografica del lago, abbiamo risalito il sentiero che sovrasta il rio del Sabbione (attenzione, tratto con rischio di caduta massi), fino ad un baitello isolato. Attraversato il rio del Sabbione, il sentiero prosegue sulla destra orografica in direzione della diga. Raggiunto il rifugio Mores, si abbandona il sentiero che porta al lago, per risalire a sinistra, su un sentiero che in breve porta al rifugio Somma Lombardo (2568 m). Pochi metri prima del rifugio, un sentiero si alza a sinistra, per percorrere con un lungo diagonale il ripido pendio della montagna. Giunti al colle sotto al Pizzo del Vallone, siamo scesi al lago di Ban (qui tutto si chiama Ban), seguendo rari ometti. Esiste anche un sentiero che percorre il versante opposto (destra orografica), leggermente più lungo ma che consente di non peredere quota. Superato il lago, abbiamo risalito un canale detritico che ci ha portato sotto alla parete E del Pizzo del Costone. Raggiunto un colle (2900 m ca) da cui ci si affaccia sul versante del Vannino, abbiamo risalito la spalla del Pizzo per un breve tratto su tracce di passaggio, per scendere poi in direzione dell’evidente dosso di detriti bianchi. Proseguendo con dolci saliscendi, si arriva ad ammirare le bellissime guglie bianche del Lebendun, che da sole meritano la salita. Ora la cima è davandi a noi e, cercando l’itinerio migliore tra facili roccette, in breve abbiamo raggiunto la croce di vetta (2935 m)
Discesa: in discesa non ci sono segni ne ometti. Abbiamo proseguito per cresta per un tratto in discesa. Raggiunto un colletto erboso, abbiamo deciso di scendere per il ripido prato, fino alla pietraia dove si incontra il sentiero che sale al passo del Vannino. Questo tratto è molto ripido e va percorso con la dovuta cautela. Probabilmente sarebbe stato più sicuro abbassarsi ancora un po’ per cresta prima di prendere il pendio aperto. Raggiunto il sentiero, l’abbiamo seguito in discesa fino al lago Sruer (2330 m). Proseguendo verso il Vannino, abbiamo incontrato il ripido sentiero che sale a sinistra e che ci ha portati al passo di Nefelgiù (2583 m). Una lunga discesa nel bel vallone di Nefelgiù ci ha portati all’alpe omonimo (2048 m), dove abbiamo trovato l’ampia mulattiera che scende al lago di Morasco. Gitona!
Tempo di salita: 5 ore alla Punta d Lebendun; 9,30 ore comprese le soste, per la gita. Dislivello: 1800 m circa Sviluppo: 21 km circa Difficoltà: EE/F
Condizioni: sentiero ben segnalato fino al lago di Ban, poi rari ometti. Sulla giavina sotto al Pizzo del Costone non abbiamo trovato nulla. Le tracce riprendono al colle, fino all’attacco della cresta finale. In discesa nulla fino al sentiero che scende dal passo del Vannino, poi buon sentiero segnalato.
L’alta Val Formazza è un posto meraviglioso e la Valrossa è uno dei suoi angoli più belli.
Lasciate le auto a Riale (1729 m), abbiamo attraversato la pista di fondo per dirigerci verso la strada che sale al Passo San Giacomo. Tagliando i tornanti, siamo arrivati al Rifugio Maria Luisa (2160 m). Lasciata la strada che porta al passo, ci siamo diretti a NO, seguendo il corso del torrente. Arrivati a quota 2400 m, ci siamo diretti a O e abbiamo risalito i bei pendii fino a quota 2880 m. Un ripido traverso in direzione E ci ha portati ad un colle a quota 2930 circa. Da qui, seguendo l’ampia dorsale, in pochi minuti, siamo arrivati in vetta (2968 m).
Discesa: per lo stesso itinerario
Tempo di salita: 4,30 ore Dislivello: 1240 m circa Sviluppo: 16,5 km circa andata e ritorno Difficoltà: PD
Condizioni: neve molto abbondante fin dalla partenza, con 30 centimetri di neve fresca, a tratti un po’ pesante. Tutta da tracciare dal rifugio alla vetta (Grazie a Omar per l’ottima traccia). Il traverso che porta al colle è ripido ed esposto. Da affrontare con prudenza. Discesa molto divertente fino al rifugio. Impagabile essere i primi a solcare i pendii. La discesa su Riale è stata su neve primaverile, sui ripidi pendii attraversati dalla strada. Bellissima gita e ottima compagnia.